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Open Arms: teste, a bordo situazione fuori controllo

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(ANSA) - PALERMO, 07 LUG - "I profughi soccorsi erano sul ponte dell'imbarcazione. C'erano due bagni e donne e bambini erano separati da una striscia di plastica. Finchè avevamo a bordo 120 persone la situazione tutto sommato era sotto controllo, poi con l'ultimo salvataggio le cose si fecero difficili. Per fare un po' d'ombra avevamo messo una copertura di plastica che ovviamente non proteggeva dal calore. Quando poi il mare era mosso i migranti si bagnavano. Avevamo poca acqua che cercavamo di tenere da parte per berla, soprattutto non sapendo quando saremmo rimasti in mare". Lo ha detto Francisco Gentico, volontario della ong catalana, teste di parte civile al processo al ministro Matteo Salvini, imputato a Palermo di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per avere impedito illegittimamente lo sbarco a Lampedusa dei profughi presi a bordo della nave spagnola. Il testimone sta raccontando le condizioni a bordo della Open Arms dopo il soccorso, ad agosto del 2019, dei tre gruppi di profughi ai quali poi venne vietato l'attracco.
    "A un certo punto facemmo rotta per Lampedusa, le persone hanno cominciato a festeggiare perché non sapevano che non si poteva entrare in porto. - ha proseguito - Restammo davanti all'isola per cinque giorni. Nel frattempo a bordo col passare del tempo le condizioni fisiche e psichiche delle persone cominciarono a peggiorare. Alcuni avevano la scabbia e tutti erano disperati perché non potevano scendere e comunicare con le famiglie. Addirittura a uno fu fatto il funerale perché i parenti temevano fosse deceduto".
    "Prima di arrivare a Lampedusa - ha raccontato - una persona ci chiese della carta, fecero dei cartelli e cominciarono una manifestazione pacifica chiedendo di poter entrare in Europa.
    Poi alcuni cercarono di fare uno sciopero della fame anche se noi tentavamo di dissuaderli visto che le loro condizioni erano precarie".
    "Vedendo la terra vicina poi - ha proseguito - in quattro si buttarono in acqua per raggiungerla a nuoto". "Quando li riportammo a bordo - ha concluso - gli altri hanno cominciato a picchiarli. C'era una situazione di isteria, eravamo fuori controllo. Temevano di essere riportati in Libia". (ANSA).
   

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