中间人是一名43岁意大利人,和一名61岁女华商“NEVE”。 据报道2千欧元“包办居留”涉嫌提供假收入和住家证明!
Due poliziotti in servizio alla questura di Prato sono stati raggiunti da altrettante misure cautelari per aver abusato della loro posizione di pubblico ufficiale per rilasciare permessi di soggiorno a cittadini di origine cinese che non ne avevano diritto in cambio di soldi e telefonini. I due sono marito e moglie, 50 e 48 anni: il sostituto commissario Cristina Massaro, vicedirigente dell'Ufficio Immigrazione, e l'ispettore capo Roberto Brunetti, in servizio alla Digos. Dovranno rispondere di corruzione aggravata e continuata. Reato di cui sono accusate anche un'imprenditrice cinese e una consulente del lavoro che facevano da mediatrici tra la comunità cinese e i poliziotti. Brunetti è accusato anche di falso perchè nonostante fosse in malattia dall'agosto del 2014, prestava servizio come portavalori per un'azienda pratese. Il medico che ha rilasciato i certificati di malattia dovrà rispondere di falso ideologico continuato.
Le misure, disposte dal gip Isidori su richiesta del sostituto procuratore Laura Canovai, sono state eseguite stamani, mercoledì 13 gennaio, dal personale della Squadra Mobile della stessa questura. Brunetti era intento a lavorare come portavalori (un trasporto da 70mila euro diretto a Empoli) quando è stato raggiunto dai colleghi che gli hanno notificato la misura cautelare. A dargli una mano come "staffetta" c'era anche la moglie che ufficialmente si era assentata per un giorno da lavoro per malattia figlia.
I due poliziotti sono stati posti agli arresti domiciliari, anche se la procura aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. Domiciliari anche per l'imprenditrice cinese, nota con il soprannome di "Neve".
I permessi costavano anche duemila euro (definiti poca roba). Per ottenerli venivano presentate false attestazioni su lavoro e residenze. E c'era anche chi ha finto una gravidanza. Le indagini sono iniziate circa cinque mesi fa grazie alle dichiarazioni della consulente del lavoro italiana, che era stata coinvolta in una precedente inchiesta del sostituto Canovai sui falsi permessi di soggiorno.
Il procuratore capo Giuseppe Nicolosi, che sin dal suo insediamento a Prato aveva dichiarato che non ci sarebbero stati sconti verso chi agevola situazioni di illegalità ed è coinvolto in pericolose connivenze, è tornato a parlare di palude e delle difficoltà riscontrate nell'opera di prosciugamento aggiungendo un ulteriore ostacolo: il rischio di sabotamenti delle indagini e di fughe di notizie per coprire amici e conoscenti. "Questa indagine taglia trasversalmente quella realtà a cui più volte ho fatto riferimento. - afferma Nicolosi - le difficoltà d'intervento aumentano per la rete di connivenze e infedeltà che mette a rischio le indagini stesse. Attorno alla palude si muove un'altra area, composta da appartenenti alle forze dell'ordine o da ex, che cerca informazioni, o tenta di annacquare per proteggere i coinvolti". Ci saranno quindi ulteriori indagini e sviluppi per scardinare la rete su cui di contatti e di connivenze attorno a cui la "palude" si espande incontrollata.
L'ufficio immigrazione della Questura di Prato era già finito sotto inchiesta per fatti simili e anche in quel caso furono coinvolti due coniugi poliziotti, oltre all'allora capo delle volanti. Il compito di fare pulizia all'interno spettò anche in quel caso alla squadra mobile. "C'è molta amarezza - ha affermato il dirigente della mobile Francesco Nannucci - ma l'indagine dimostra l'integrità dell'istituzione, capace di fare pulizia al suo interno. Pensavamo che la prima indagine facesse da monito ma purtroppo non è stato così".
Le misure, disposte dal gip Isidori su richiesta del sostituto procuratore Laura Canovai, sono state eseguite stamani, mercoledì 13 gennaio, dal personale della Squadra Mobile della stessa questura. Brunetti era intento a lavorare come portavalori (un trasporto da 70mila euro diretto a Empoli) quando è stato raggiunto dai colleghi che gli hanno notificato la misura cautelare. A dargli una mano come "staffetta" c'era anche la moglie che ufficialmente si era assentata per un giorno da lavoro per malattia figlia.
I due poliziotti sono stati posti agli arresti domiciliari, anche se la procura aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. Domiciliari anche per l'imprenditrice cinese, nota con il soprannome di "Neve".
I permessi costavano anche duemila euro (definiti poca roba). Per ottenerli venivano presentate false attestazioni su lavoro e residenze. E c'era anche chi ha finto una gravidanza. Le indagini sono iniziate circa cinque mesi fa grazie alle dichiarazioni della consulente del lavoro italiana, che era stata coinvolta in una precedente inchiesta del sostituto Canovai sui falsi permessi di soggiorno.
Il procuratore capo Giuseppe Nicolosi, che sin dal suo insediamento a Prato aveva dichiarato che non ci sarebbero stati sconti verso chi agevola situazioni di illegalità ed è coinvolto in pericolose connivenze, è tornato a parlare di palude e delle difficoltà riscontrate nell'opera di prosciugamento aggiungendo un ulteriore ostacolo: il rischio di sabotamenti delle indagini e di fughe di notizie per coprire amici e conoscenti. "Questa indagine taglia trasversalmente quella realtà a cui più volte ho fatto riferimento. - afferma Nicolosi - le difficoltà d'intervento aumentano per la rete di connivenze e infedeltà che mette a rischio le indagini stesse. Attorno alla palude si muove un'altra area, composta da appartenenti alle forze dell'ordine o da ex, che cerca informazioni, o tenta di annacquare per proteggere i coinvolti". Ci saranno quindi ulteriori indagini e sviluppi per scardinare la rete su cui di contatti e di connivenze attorno a cui la "palude" si espande incontrollata.
L'ufficio immigrazione della Questura di Prato era già finito sotto inchiesta per fatti simili e anche in quel caso furono coinvolti due coniugi poliziotti, oltre all'allora capo delle volanti. Il compito di fare pulizia all'interno spettò anche in quel caso alla squadra mobile. "C'è molta amarezza - ha affermato il dirigente della mobile Francesco Nannucci - ma l'indagine dimostra l'integrità dell'istituzione, capace di fare pulizia al suo interno. Pensavamo che la prima indagine facesse da monito ma purtroppo non è stato così".