(ANSA) - ROMA, 26 MAR - Un teatro chiuso. Una famiglia di
teatranti in attesa. Fuori solo macerie. In un gioco di specchi
e scatole cinesi, potrebbe essere un'immagine di oggi, al tempo
del Covid. Invece a parlare è Cechov. Riletto da Vinicio
Marchioni nel suo primo docufilm da regista, "Il terremoto di
Vanja, alla ricerca di Cechov", al debutto su Nexo+ il 27/3,
Giornata mondiale del teatro. La seconda che l'Italia celebra a
sipari chiusi e platee vuote. E che invece doveva essere anche
la giornata dell'attesa riapertura delle sale.
" La cosa ancora peggiore - dice all'ANSA Marchioni - è che per
il teatro non c'è neanche un piano, un programma. A questo punto
lo trovo vergognoso". Insieme a Sonia Bergamasco ora doveva
essere in tournée con "Chi ha paura di Virginia Woolf" per la
regia di Antonio Latella. "Ma è tutto fermo, sospeso, in
attesa". Proprio come per i protagonisti dello spettacolo tratto
da Zio Vanja che ha portato in scena nel 2018 e di cui racconta
ora la genesi nel docufilm prodotto da Except, con la
partecipazione di Anton e la collaborazione di Rai Cinema e
Simone Isola, con il sostegno del Mibact. Un adattamento,
firmato per la scena insieme a Milena Mancini e Letizia Russo,
che trasporta la vicenda dalla campagna russa dell'800 colpita
da tifo e carestia alla provincia italiana (e dentro un teatro
italiano) spezzata dal terremoto. Con due anni di riprese tra
Onna, Poggio Picenze, L'Aquila, nelle Marche più la Russia
innevata dei luoghi di Cechov, Marchioni ne svela prove e
tournée fino alla replica a L'Aquila, in un omaggio al "fare"
teatro, al processo di creazione, ma anche con un faro sullo
schiaccinate immobilismo italiano del post-terremoto.
Protagonisti del docufilm, anche Francesco Montanari e gli
attori della Compagnia più Andrej Konč̌alovskij, Gabriele
Salvatores, Fausto Malcovati e Toni Servillo a dar voce a
Cechov. (ANSA).
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